In questi giorni ho letto moltissimi post a tema carnevalesco, tutti con un comune denominatore: lo scarso amore per il Carnevale. Ce ne fosse uno che dica: “Come mi piaceva mascherarmi da bambina!”. No, è tutta una profusione di dinieghi, rifiuti e boccucce. Però le frittelle e i cenci li ho visti in ogni dove! A riprova che, se anche uno non ama le maschere, non è una buona ragione per rinunciare ai dolci fritti.
Io che il fritto non lo faccio (però lo mangio), per onorare questa festa così rinnegata ho scelto un dolce semplice e tradizionale della zona di Firenze: il berlingozzo. E, se mai ve lo foste chiesto, da piccola a me il carnevale piaceva moltissimo. Dopo i 12 anni, però, la passione è finita per non più risorgere.
[La ricetta contribuisce alla Settimana del Carnevale del Calendario del Cibo Italiano (di cui è ambasciatrice Ilaria Talimani), un progetto promosso dall’Associazione Italiana Food Blogger, che si propone di diffondere la cultura e la tradizione gastronomica dell’Italia, attraverso l’istituzione di un calendario in cui si celebrano, in 366 giornate e 52 settimane nazionali, i nostri piatti e i prodotti più tipici.
Ogni settimana è dedicata all’approfondimento di un tema scelto fra quelli che hanno maggiormente influito sulla storia della gastronomia italiana, così da delinearne in modo preciso la fisionomia. Ogni giorno dell’anno è dedicato alla celebrazione di uno dei piatti o prodotti tipici che ne hanno decretato la fama.]
Il berlingozzo è un dolce secco a forma di ciambella che si prepara il giovedì grasso, giorno che a Firenze è detto Berlingaccio, dall’omonima maschera quattrocentesca. Esiste anche il verbo berlingare, in uso in età rinascimentale, con il significato di ciarlare a cuor leggero, specialmente indugiando a tavola alla fine di un lauto pasto. L’origine del nome potrebbe derivare dal tedesco brett o dal latino berlengo, termini che indicano la tavola. Un’altra etimologia lo rimanda invece ad un certo Berlinghieri, paladino di Carlo Magno, gran mangiatore e bevitore. Tutte ipotesi che richiamano lieti bagordi e grandi abbuffate in compagnia, così come si confà al periodo di Carnevale, quando è d’obbligo stare allegri e mangiare cibi grassi e sostanziosi. E chi non ne ha? Il detto dice: “pe’ berlingaccio, chi unnà ciccia ammazzi ‘l gatto“. Con buona pace degli animalisti.
La ricetta originale sembra essere di Lamporecchio, in provincia di Pistoia, da dove provengono anche i famosi brigidini. E infatti gli ingredienti sono molto simili, solo che i brigidini hanno più chiare d’uovo e sono lavorati come delle cialde, mentre il berlingozzo è una sorta di ciambella, anche se alle fiere, soprattutto in passato, venivano venduti come piccoli dolcetti.
La ricetta che ho scelto è tratta da Il vero libro della cucina fiorentina di P. Petroni, ma facendo qualche confronto sul web ho visto che non tutti mettono il liquore all’anice; in alcuni casi si consigliano i semi, altrove non viene menzionato affatto. Secondo me, invece, insieme alla scorza d’arancio e al vinsantodona al dolce un aroma delicatissimo e delizioso, per cui lo ritengo fondamentale, anche in virtù del succitato legame coi brigidini, dove l’anice è ingrediente caratterizzante.
Con le fruste elettriche, montate le uova e i tuorli insieme allo zucchero per 5-6 minuti.
Unite l’olio, il liquore, il vinsanto e la scorza di arancia, e infine unite la farina setacciata con il lievito e il sale, montando con le fruste per 2-3 minuti.
Versate in uno stampo a ciambella del diametro di 24 o 26 cm che avrete precedentemente imburrato e cuocete a 160°C per 40 minuti.
Volendo, potete cospargere la superficie del dolce con granella di zucchero prima di infornare.
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Fonti bibliografiche:
P. Petroni, Il vero libro della cucina fiorentina, Giunti 1972.
A. Santini, La cucina fiorentina. Storia e ricette, Orme 1992.
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