14 Febbraio 2016

Praline alla pera e Madagascar di Ernst Knam

La scorsa estate sono stata in vacanza in Belgio e non nascondo che, tra le attrattive di richiamo, c’era anche la rinomata produzione di cioccolatini. Ma nonostante pensassi di essere preparata, ad ogni angolo mi ritrovavo con gli occhi sgranati e la fronte incollata a vetrine che somigliavano più a quelle di boutique di haute couture che non a quelle di cioccolaterie.

Impossibile descrivere l’eleganza, la raffinatezza e la varietà dei cioccolatini che ho visto; sarei rimasta ore ad ammirarne la minuta perfezione. E qualcuno potrebbe dire che, effettivamente, ci sono stata per delle ore: ma non dategli ascolto.

A rendere l’esperienza davvero perfetta, oltre alla calma e all’atmosfera rarefatta delle boutique, erano i cartellini descrittivi accanto ad ogni tipo di pralina, attenzione niente affatto banale. In genere siamo costretti a scegliere in base al solo aspetto, a scatola chiusa, ignari del contenuto di quel piccolo scrigno scuro.

Per chi ama le sorprese, è una goduria. Per me no. Io voglio scegliere prima, voglio sapere cosa c’è dentro e avere il tempo di pensarci su. Sono irrecuperabile, lo so. Ma per me questo è parte del piacere: immaginare il gusto, valutare, soppesare, decidere. E, finalmente, assaggiare.

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Sebbene il Belgio – e le Fiandre in generale – siano stati tra i primi Paesi europei a conoscere il cacao, in virtù della dominazione spagnola che segnò queste regioni dall’inizio del XVI secolo e che aveva importato il cacao dalle Americhe, l’Italia recuperò presto il tempo perduto. Alla fine del Cinquecento, quando gli spagnoli iniziarono ad importare semi di cacao e ad utilizzarli per la cioccolata calda, tenevano ben segreta la ricetta della squisita bevanda. Fu il fiorentino Antonio Carletti a importarla in Italia, nel 1606, dove a poco a poco si diffusero le cioccolaterie, quelle di Firenze e Venezia tra le più famose.

Per secoli, fu questo l’unico modo di consumare il cioccolato: una bevanda aristocratica ed elitaria, alla quale erano attribuiti poteri rinvigorenti e corroboranti.

Per arrivare al il cioccolatino, la strada è ancora lunga. In realtà, le pastiglie di cioccolato esistono dalla fine del Cinquecento, ma i primi cioccolatini a stampo compaiono solo nel 1830, dopo l’introduzione di macinatrici meccaniche in grado di dare al cioccolato una struttura sufficientemente fine. La pralina, invece, ossia il cioccolatino ripieno, è davvero giovane: fu inventata nel 1912 dal cioccolatiere belga Jean Neuhaus. Perché sia di ottima qualità, il guscio deve essere sottilissimo, lucido e croccante, tale da sciogliersi velocemente in bocca per lasciar posto al morbido ripieno. A Neuhaus si deve anche l’invenzione del ballotin, la scatolina – o cofanetto – che contiene i cioccolatini e li protegge, per evitare che si danneggino.

Le possibilità creative fornite dalla pralina sono davvero infinite: potete variare il guscio, combinare uno o più ripieni, aggiungere spezie, aromi, liquori. Un mondo tutto da inventare, del quale è impossibile stancarsi.

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Dopo tutto questo preambolo avrete capito che l’Italia ha un ruolo molto importante nella produzione (e nel consumo) di cioccolatini e non potevo proprio mancare ai festeggiamenti per la Giornata nazionale dei Cioccolatini, di cui è ambasciatrice Elena Arrigoni.

Chi mi segue saprà che sto parlando del Calendario del Cibo Italiano promosso dall’Associazione Italiana Food Blogger, un progetto lungo un anno, che  si propone di diffondere la cultura e la tradizione gastronomica dell’Italia, attraverso l’istituzione di un calendario in cui si celebrano, in 366 giornate e 52 settimane nazionali, i nostri piatti e i prodotti più tipici.

Ogni settimana è dedicata all’approfondimento di un tema scelto fra quelli che hanno maggiormente influito sulla storia della gastronomia italiana, mentre ogni giorno dell’anno è dedicato alla celebrazione di un piatto o di un prodotto tipico che ci ha reso famosi nel mondo.

Mi ero già cimentata un paio di volte (con le praline fondenti e le praline al cioccolato bianco), con buoni risultati, ma avevo voglia di provare nuovi gusti. Così ho chiamato la mia fidata compagna di praline, che già da tempo fremeva per tornare in attività, e ci siamo regalate un pomeriggio a tutto cioccolato.

Abbiamo scelto una ricetta dell’arcinoto Ernst Knam, che unisce il fondente del Madagascar alla freschezza della pera, frutto ancora di stagione. La ricetta viene dal libro Cioccolatini e praline, ed. Il Sole 24 Ore, 2011.

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Rispetto all’originale – con tutto il rispetto di Knam – abbiamo sostituito il fondente 67% del ripieno con uno al 50%, e dopo averli assaggiati siamo convinte che sia stata una buona intuizione perché altrimenti il cioccolato avrebbe prevalso troppo sulla frutta.

Invece di acquistare delle pere sciroppate, inoltre, ho preferito farle in casa, poche ore prima di fare i cioccolatini (vedi note in fondo alla pagina).

Infine, le dosi della purea di pera sono maggiori rispetto a quelle di Knam, perché a noi è sembrata un po’ scarsa; meglio farne un po’ di più e decidere sul momento quanta utilizzarne.

Cercherò di descrivere il dettagli i passaggi e le fasi di lavorazione, rimandando anche ai miei post precedenti. Se siete interessati all’argomento vi segnalo questa pagina della famosa casa Callebaut, con dei video didattici che ho trovato molto utili.

Praline pere e Madagascar

Quantità: circa 30 praline       Tempo di preparazione: 1 h + 2 h totali di riposo

Attrezzatura indispensabile: termometro digitale; stampi in silicone o policarbonato per cioccolatini.

Per il guscio

  • circa 300 g di cioccolato fondente Madagascar 67%

Per il ripieno

  • 125 g di cioccolato fondente al 50% (nell’originale: Madagascar 67%)
  • 125 ml di panna fresca
  • 200 g di pere sciroppate (vedi note in fondo)
  • 80 ml di succo di pera (nell’originale: liquore alla pera)

1. Iniziate preparando la ganache. Tritate grossolanamente il cioccolato e mettetelo in una ciotola. Portate ad ebollizione la panna, poi versatela sul cioccolato e amalgamate con una spatola fino ad ottenere un composto omogeneo. Mettete in frigo a rassodare.

2. Passate poi alla purea di pere. Frullate le pere con il liquido prescelto (liquore, succo di frutta o liquido di governo delle pere) e mettete in frigo.

3. La parte più difficile è il temperaggio del cioccolato, essenziale per ottenere gusci lucidi e che si rompono in maniera netta. Vi spiego tutto in questo post dedicato.

Una volta temperato il cioccolato fondente, quando avrà raggiunto la temperatura di 32°C circa versatelo negli stampi appositi, riempiendo ogni alloggiamento e sbattendo leggermente 3 o 4 volte sopra al piano di lavoro per evitare la formazione di bolle d’aria. Subito dopo capovolgete lo stampo sopra alla ciotola dove avete fuso il cioccolato, così che il cioccolato in eccesso scivoli via e rimanga solo quello necessario a formare i gusci. Ripulite gli stampi facendovi scorrere sopra una spatola, per portare via i residui di cioccolato fuso e fate raffreddare 15 minuti a temperatura ambiente e 15 minuti in frigo. Nel frattempo, procedete alla stessa operazione con gli altri stampi. Se il cioccolato si è raffreddato troppo e risulta difficilmente lavorabile, temperatelo di nuovo.

4. Quando i gusci si sono raffreddati, riempiteli prima con uno strato di ganache al cioccolato, poi con uno di composto di pere. Con un sac-à-poche farete un lavoro più preciso ma potete anche usare semplicemente un cucchiaino, se i composti non sono troppo densi. Restate almeno 1 mm al di sotto del bordo dello stampo: quello spazio servirà per chiudere le praline. Rimettete in frigo per un’oretta.

5. Temperate nuovamente il cioccolato fondente al 67% e procedete alla chiusura sei cioccolatini. Versate il cioccolato temperato sugli stampi e poi livellatelo con una spatola, in modo che la basi risulti perfettamente piana (operazione non facile!). Fate raffreddare 15 minuti a temperatura ambiente e 15 minuti in frigo, poi sformate con delicatezza i cioccolatini.

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Note

  • La temperatura dell’ambiente in cui lavorate è determinante: 24-25°C sarebbe l’ideale per avere tempo sufficiente per lavorare il cioccolato prima che si solidifichi troppo. Questa volta a casa mia era piuttosto freddo (intorno ai 18°C) e abbiamo avuto non pochi problemi a riempire i gusci perché il cioccolato si raffreddava davvero troppo velocemente. Valutate se sia il caso di accendere un po’ di riscaldamento extra per non complicarvi la vita…
  • Non amo la frutta sciroppata che si trova al supermercato, così l’ho fatta da sola, a partire da una pera Abate. Ho portato ad ebollizione 50 g di zucchero e 70 g di acqua, poi ho unito la pera sbucciata e tagliata a dadini e ho fatto cuocere per 10 minuti. Ho spento, coperto il pentolino e lasciato raffreddare per alcune ore. Al momento di fare la purea, in sostituzione del liquore alla pera (o del succo di frutta) potete usare anche parte dello sciroppo che si sarà formato durante la cottura. L’importante è che valutiate bene la quantità di liquidi, difficili da definire con precisione perché dipendono anche dalla consistenza del frutto. In linea generale, vi consiglio di restare bassi, per non avere un purea troppo liquida e difficilmente gestibile.
  • Noi abbiamo usato stampi in silicone di varie marche e abbiamo notato una resa diversa dall’uno all’altro. Anche dalle foto si vede che alcuni cioccolatini sono più lucidi e altri meno e, se in parte dipende da un temperaggio più o meno riuscito, in alcuni casi era evidente che lo stampo ha fatto la differenza. Vi consiglio di scegliere una buona marca (noi avevamo Silikomart) oppure, meglio ancora, sarebbero quelli in policarbonato, che però sono più cari e più difficili da trovare nei negozi. Credo che sarà il mio prossimo acquisto.

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Bibliografia:

K. Kodorowsky, R. Hervé, Piccola enciclopedia del cioccolato, Rizzoli 1997.

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